Fabrizio Campagnacci
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OTTICA CAMPAGNACCI aderisce alla raccolta degli occhiali usati:
OTTICA
CAMPAGNACCI
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La visione
L’occhio, simile ad una sfera imperfetta con il diametro trasversale più breve dell’anteroposteriore, é l'organo che ha la
funzione di raccogliere gli stimoli luminosi che provengono dal mondo esterno, convorgliarli sui recettori della retina, trasformali in potenziali d’azione ed inviarli come impulsi nervosi
attraverso le vie ottiche al cervello dove avviene l’elaborazione dell’immagine visiva. L'occhio è protetto in alto, dalla luce e dal calore, dalle arcate sopraccigliari. Queste sono ricoperte di
peli.
L’occhio è ospitato nella cavità orbitaria, una cavità ossea a forma di piramide formata da più ossa del neurocranio (frontale, sfenoide, etmoide) e dello splancnocranio (mascellare, zigomatico,
lacrimale, palatino).
Anteriormente è rivestito da due pieghe di muscolo cutaneo dette palpebre. Si distinguono, per posizione, in superiore ed inferiore. Partendo rispettivamente dal contorno superiore e da quello inferiore dell'apertura dell'orbita, e dirigendosi l'una verso l'altra, si applicano o si modellano sulla faccia anteriore del globo oculare, delimitando con i loro margini liberi una fenditura trasversale, la rima palpebrale, la cui forma ed ampiezza varia di continuo e che si chiude quando i margini palpebrali si pongono a contatto. Esternamente sono costituite da cute mentre nello spessore troviamo cellule muscolari e tessuto connettivo in cui sono adagiate ghiandole sebacee. La faccia interna delle palpebre è tappezzata dalla tonaca congiuntivale, sottile, trasparente e rosea che protegge ripiegandosi la parte esterna del globo oculare. Alle palpebre sono annesse le ciglia che svolgono un’ulteriore funzione di difesa nei confronti dell’occhio; quelle della palpebra superiore sono più rigide, numerose e fitte di quelle della palpebra inferiore e inoltre hanno una lunghezza di 8-12 mm, contro i 6-8 mm delle altre. Un’ulteriore protezione è rappresentata dall’apparato lacrimale in cui la ghiandola lacrimale con il suo secreto distribuito dal movimento delle palpebre lubrifica continuamente la parte anteriore del globo. Le lacrime convergono in un foro dove vi è un sacco lacrimale che continua in un dotto fino ad arrivare alla cavità nasale.
La mobilità del globo oculare è garantita da muscoli striati estrinseci (una estremità sul globo ed una sulla parete ossea) che permettono i movimenti
laterali, verticali ed obliqui.
L’occhio è formato da tre rivestimenti tonacali di tessuto disposti concentricamente tenuti distesi dalla presenza
all’interno di un liquido viscoso, il corpo vitreo:
-il rivestimento più esterno è la sclera, un tessuto protettivo che ricopre circa cinque sesti posteriori della superficie oculare e che, nella parte anteriore, è in continuità con la cornea. La
sclera è connettivo denso bianco e appare opaca mentre la cornea è connettivo fibroso trasparente in quanto non è vascolarizzata, è sporgente, ha il compito di far entrare la luce e rappresenta
il primo mezzo diottrico.
-Lo strato intermedio, in corrispondenza della sclera, è la coroide, molto ricca di vasi sanguigni, in continuità con il corpo ciliare e con l'iride che si trova nella parte anteriore
dell'occhio. Il corpo ciliare contiene al suo interno il muscolo ciliare, collegato al cristallino attraverso i legamenti e permette l’accomodazione. L'iride è una formazione circolare, più o
meno pigmentata, localizzata dietro la cornea; essa presenta un'apertura circolare al centro, la pupilla, le cui dimensioni sono controllate da un muscolo posto sul suo margine. Contraendosi e
rilassandosi, questo muscolo fa allargare o rimpicciolire la pupilla stessa, controllando la quantità di luce che penetra nell'occhio. Il colore dell’occhio è dato dalla presenza e dal numero
delle cellule pigmentate dell’iride. La pigmentazione è un carattere genetico. L’occhio chiaro è quello che, avendo minor pigmento, ha minor protezione nei confronti dell’intensità
luminosa.
-lo strato più interno è la retina, sensibile alla luce. La retina è una membrana fotosensibile, formata in gran parte da cellule nervose stratificate destinata a percepire le immagini degli
oggetti del mondo esterno e ad inviare impulsi nervosi da questi evocati ai centri cerebrali visivi. Questa tonaca è costituita da dieci strati di cellule diverse e nel secondo, partendo
dall’esterno, si trovano i coni e i bastoncelli i quali hanno differenti sensibilità ai colori e alla quantità di luce. I coni sono più sensibili ai colori, permettono un'alta acutezza visiva e
sono composti da tre diversi pigmenti; i bastoncelli sono più sensibili dei precedenti alla luce e permettono la visione crepuscolare a scarsa acutezza visiva e sono costituiti da un pigmento
chiamato rodopsina.
Sulla retina, in perfetta opposizione alla pupilla, si trova una piccola zona elissoidale, di colore giallo, chiamata macula al centro della quale si trova la fovea che corrisponde al centro geometrico della retina: essa corrisponde alla zona di massima acutezza visiva dell'occhio e contiene esclusivamente coni. Intorno a essa sono presenti sia coni sia bastoncelli; procedendo verso la periferia della zona sensibile i coni si diradano e, all'estremità esterna, si trovano solo bastoncelli.
Nel punto in cui il nervo ottico emerge dal bulbo oculare si trova una piccola zona rotonda di retina priva di cellule fotosensibili, la
papilla ottica, che rappresenta il punto cieco dell'occhio.
All’interno dell’occhio in ordine si trovano anche l’umore acqueo, il cristallino, il corpo vitreo che come la cornea sono mezzi diottrici. L’umore acqueo è un liquido trasparente ed
acquoso e si trova nella camera anteriore posizionata tra la cornea e l’iride.
Il cristallino è un corpo trasparente e refrattile le cui superfici anteriore e posteriore sono convesse. E’ posto proprio dietro il foro pupillare ed è mantenuto in sede dai legamenti del
muscolo ciliare. La superficie posteriore del cristallino è più convessa dell’anteriore. Il corpo vitreo è formato da un materiale semifluido ed occupa i 4/5 posteriori del bulbo
oculare.
Gli occhi possono essere paragonati a semplici macchine fotografiche, in quanto il cristallino forma sulla retina fotosensibile, che corrisponde a una pellicola fotografica, un'immagine
capovolta degli oggetti. Nell'occhio la messa a fuoco viene ottenuta con l'appiattimento o l'arrotondamento del cristallino: tale processo viene chiamato accomodazione. In condizioni normali,
l'accomodazione non è necessaria per vedere oggetti lontani. Il cristallino, appiattito dal legamento sospensore, mette a fuoco questi oggetti sulla retina.
A causa della struttura nervosa della retina, l'occhio vede con la massima chiarezza solo nella regione della fovea. I coni permettono di distinguere dettagli fini, in quanto sono collegati
singolarmente alle fibre nervose e pertanto gli stimoli diretti a ciascuno di essi vengono riprodotti in modo preciso. I bastoncelli, invece, sono collegati alle fibre nervose a gruppi; pertanto
sono in grado di rispondere a stimoli ridotti ma diffusi, mentre non hanno la capacità di distinguere piccoli dettagli dell'immagine visiva. A causa di queste differenze, sia strutturali che
funzionali, il campo visivo dell'occhio è formato da una piccola zona centrale di grande nitidezza, circondata da una zona di nitidezza minore, in cui però la sensibilità alla luce è maggiore. La
conseguenza di questo fenomeno è che gli oggetti risultano visibili di notte nella parte periferica della retina, mentre sono invisibili in quella centrale. Quindi i responsabili della visione
diurna sono i coni, mentre alla visione notturna sono i bastoncelli.
Il meccanismo della visione comporta la sensibilizzazione delle cellule della retina da parte del pigmento rodopsina. Se l’occhio dovesse essere esposto ad un’ illuminazione permanente, la produzione di questo pigmento si bloccherebbe portando l’individuo alla cecità. Chiaramente la luce in eccesso emessa dagli impianti di illuminazione notturni, non portano a cecità ma creano comunque una diminuzione dell’efficienza dell’apparato visivo. Per la produzione della rodopsina è necessaria la vitamina A: per tale motivo, una carenza alimentare di questa vitamina può provocare problemi della visione notturna (emeralopia). La rodopsina viene inattivata per azione della luce e deve essere riformata dai bastoncelli in condizioni di oscurità; quindi, l'effetto che si avverte passando dalla luce del sole a una stanza buia, quando non si riesce a vedere nulla, è dovuto al fatto che le nuove molecole di rodopsina non sono ancora disponibili. Quando il pigmento si è formato e gli occhi sono diventati sensibili ai bassi livelli di illuminazione, si dice che la vista si è adattata all'oscurità.
La percezione della luce
Il meccanismo della visione comporta la sensibilizzazione delle cellule della retina da parte del pigmento rodopsina. Se l’occhio dovesse essere esposto ad un’ illuminazione permanente, la produzione di questo pigmento si bloccherebbe portando l’individuo alla cecità. Chiaramente la luce in eccesso emessa dagli impianti di illuminazione notturni, non portano a cecità ma creano comunque una diminuzione dell’efficienza dell’apparato visivo. Per la produzione della rodopsina è necessaria la vitamina A: per tale motivo, una carenza alimentare di questa vitamina può provocare problemi della visione notturna (emeralopia). La rodopsina viene inattivata per azione della luce e deve essere riformata dai bastoncelli in condizioni di oscurità; quindi, l'effetto che si avverte passando dalla luce del sole a una stanza buia, quando non si riesce a vedere nulla, è dovuto al fatto che le nuove molecole di rodopsina non sono ancora disponibili. Quando il pigmento si è formato e gli occhi sono diventati sensibili ai bassi livelli di illuminazione, si dice che la vista si è adattata all'oscurità.
La rifrazione della luce
I raggi luminosi che attraversano la regione centrale del foro pupillare penetrano nell’occhio perpendicolarmente rispetto al piano retinico, mentre quelli che transitano per le zone periferiche della pupilla vi penetrano obliquamente. Perchè possa essere percepita un’immagine distinta, i raggi obliqui devono convergere sulla retina nello stesso punto di fuoco dei raggi perpendicolari. La cornea, l’umore acqueo, il cristallino e il corpo vitreo formano un sistema di corpi rifrangenti(o diottrici) propri dell’occhio. I raggi luminosi subiscono una deviazione del loro decorso (rifrazione) principalmente nel passare dall’aria nella cornea e dall’umore acqueo nel cristallino e da questo nel corpo vitreo. Per far ciò seguono le leggi della rifrazione:
· Prima legge della rifrazione:il raggio incidente, il raggio rifratto e la retta perpendicolare alla superficie del punto d’incidenza stanno sullo stesso piano.
· Seconda legge della rifrazione:sin Î/sin 0
La fisiologia della visione
L’occhio vede tutti quegli oggetti che, almeno in parte, riflettono le radiazioni luminose da cui sono colpiti o che emettono radiazioni luminose per proprio conto. Le radiazioni luminose riflesse o emesse dagli oggetti sono poste a fuoco sui coni e bastoncelli della retina e gli impulsi nervosi di conseguenza evocati, sono inoltrati lungo il nervo ottico sino a varie stazioni di relay, dalle quali in parte pervengono alla corteccia visiva del lobo occipitale del cervello. Di qui gli impulsi sarebbero trasmessi ad aree corticali associative, ove ridestano informazioni precedentemente memorizzate che consentono di interpretarne il significato.
La visione binoculare
Il vantaggio di avere due occhi funzionanti, anziché uno solo, consiste principalmente nel possedere una vera visione binoculare, vale a dire stereoscopica. Un’immagine stereoscopica si
ottiene, come nel caso dei due occhi, osservando lo stesso campo simultaneamente da due angoli leggermente diversi. Nella visione stereoscopica, infatti, le due immagini ottiche sono ottenute da
angoli leggermente differenti. Ciò conferisce alla visione il senso di profondità e di distanza ed equivale ad aggiungere una terza dimensione al campo visivo. Per una corretta visione binoculare
risultano indispensabili:
1. la possibilità di far convergere i due bulbi oculari (ovvero sia di ruotarli lievemente in direzione mediale);
2. la possibilità di variare il diametro del foro pupillare;
3. l’accomodazione;
4. la normalità dei mezzi rifrangenti o diottrici dell’occhio.
Convergenza dei bulbi oculari
Nel corso della visione binoculare è necessario far convergere i due occhi in modo che le due immagini di uno stesso oggetto cadano su punti corrispondenti delle due retine. L’eccitazione di due punti retinici corrispondenti determina la percezione di una singola sensazione visiva; è per questo motivo che, ordinariamente, la visione binoculare non si associa a diplopia (o percezione sdoppiata delle due immagini retiniche di un singolo oggetto). La convergenza dei due globi oculari è controllata dall’innervazione dei due muscoli retti mediali. La corrispondenza tra le due retine e la coordinazione muscolare necessaria a permetterla, sono determinate dall’insieme delle connessioni integrative esistenti tra i diversi centri nervosi che controllano l’attività dei muscoli estrinseci degli occhi.
La variazione del diametro pupillare
Se in un ambiente illuminato si fissa un oggetto vicino, la pupilla si restringe in modo che le radiazioni luminose che penetrano nell’occhio transitino per la zona centrale del cristallino, cioè per quella zona in cui la convessità e il potere rifrangente del cristallino sono massimi e che si trova in perfetto allineamento con la fovea centrale. Se l’illuminazione ambientale è debole, la pupilla si dilata, facendo pervenire i raggi luminosi alle porzioni più periferiche della retina, quelle cioè in cui la concentrazione di rodopsina è maggiore. La contrazione della pupilla è ottenuta in via riflessa: lo sfintere pupillare è indotto a contrarsi da impulsi provenienti dalle fibre parasimpatiche del nervo oculomotore, destati dall’arrivo alla retina di radiazioni luminose molto intense. Se la luce ambientale è debole, l’intensità della stimolazione retinica diminuisce e, come diretta conseguenza di ciò la pupilla si dilata. In casi di particolare eccitazione, di spavento, ecc…, la pupilla si presenta pure dilatata a seguito di impulsi che le provengono dall’ ortosimpatico spinale con la mediazione del ganglio cervicale superiore.
L'accomodazione
L’ accomodazione consiste nel mettere a fuoco sulla retina oggetti posti a distanze diverse dall’ occhio. Essa è il risultato di 3 risposte motorie distinte, ma coordinate:
1) La convergenza dei due occhi;
2) La costrizione pupillare;
3) L’ alterazione del potere rifrangente del cristallino.
Anche l’ alterazione della rifrangenza del cristallino è dovuta ad un’ attività motoria riflessa. L’arrivo sulla retina di un’ immagine sfuocata dà origine ad afferenze che lungo il nervo
ottico si portano al mesencefalo e da questi alla porzione inferiore del nucleo parasimpatico dell’ oculomotore, che controlla l’ attività del muscolo ciliare dal quale essenzialmente dipende la
messa in opera del processo di accomodazione. Quando l’ occhio riposa o fissa oggetti lontani, il legamento sospensore del cristallino, che si inserisce da un lato ai processi ciliari e dall’
altro alla capsula della lente, esercita su di quest’ ultima una tensione tale da mantenere il cristallino appiattito, specialmente in corrispondenza della sua faccia anteriore sulla quale si
inserisce. Quando l’occhio fissa un oggetto vicino, come fa quando si scrive o si cuce, il muscolo ciliare si contrae, tira verso l’avanti la coroide e, in tal modo, fa diminuire la tensione
esercitata sul cristallino dal suo legamento sospensore: in conseguenza di ciò la superficie anteriore del cristallino diviene più convessa. L’ accomodazione necessaria a mettere a fuoco oggetti
vicini è sempre risultato di un processo attivo, e perciò, è sempre più o meno affaticante. Al contrario, l’accomodazione necessaria a mettere a fuoco sulla retina oggetti lontani è il risultato
di un processo passivo: ne consegue che l’occhio può fissare indefinitamente e senza mai stancarsi oggetti lontani.
A seguito della rifrazione che i raggi luminosi subiscono entrando nell’occhio, le immagini degli oggetti esterni si formano sulla retina capovolte. Noi non vediamo le immagini capovolte perché la sede reale delle nostre sensazioni visive è costituita da centri cerebrali e che la proiezione di tali sensazioni al mondo esterno è una pratica appresa con l’esperienza.