Fabrizio Campagnacci
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I peli sono annessi cutanei conformati come sottili filamenti cornei e presenti su quasi tutta la superficie del corpo. Mancano sulla pianta dei
piedi, sul palmo delle mani, sulla superficie dorsale del segmento distale delle dita sul margine roseo delle labbra, sulla faccia interna del prepuzio, sul glande, sul clitoride, sulla
superficie interna delle grandi labbra e sulle piccole labbra.
In tutte le altre sedi si osservano differenze di numero e di caratteristiche morfologiche in rapporto sia a fattori individuali sia al sesso. Tanto nel maschio che nella femmina, i peli
sono particolarmente folti e lunghi in corrispondenza del cuoio capelluto, del pube e del cavo ascellare; in altre aree, invece, come quelle della superficie flessoria degli arti essi appaiono
finissimi.
Fra questi due estremi si trovano zone di cute con sviluppo dei peli differente in rapporto alò sesso. Queste differenze, evidenti nell’adulto, si manifestano alla pubertà, come un
carattere sessuale secondario.
I peli presentano sensibili differenze di lunghezza e si diametro e vengono denominati capelli sul cranio, barba sulle guance
e sul mento, ciglia sul margine libero delle palpebre, sopracciglia sul contorno superiore
dell’orbita, vibrisse nel vestibolo del naso, tragi all’imbocco del meato acustico
esterno, hirci sono i peli ascellari, pubes i peli del pube; i peli più fini sono anche
denominati peluria.
Ciglia, sopracciglia, vibrisse e tragi sono peli brevi e rettilinei, di sezione circolare; nelle regioni genitali, nel cavo ascellare e in gran parte delle formazioni pilifere
caratteristiche del maschio si osserva una maggior lunghezza (fino a qualche centimetro) e una sezione dei peli generalmente ellittica.
Le sopracciglia, dal latino supercilium (plurale sopracciglia), è l'area di piccoli peli al di sopra dell'occhio che segue la forma dell'arcata sopraccigliare. Sono due rilievi cutanei foggiati ad arco a concavità inferiore, allungati in direzione trasversale, pari e simmetrici, muscolo-cutanei, ricchi di formazioni pilifere. Separa la fronte dalla palpebra superiore e risulta costituito da una estremità mediale (o testa) ingrossata, da unaestremità laterale (o coda) assottigliata e da una parte intermedia (o corpo). Tra le due teste esiste uno spazio detto spazio sopraccigliare.
Le arterie provengono dai rami dell’oftalmica. Le vene sono tributarie dell’oftalmica superiore. I vasi linfatici sono diretti per la maggior parte ai linfonodi parotidei. I nervi motori sono rami del faciale, quelli sensitivi provengono dall’oftalmico.
Dalla superficie in profondità, il sopracciglio è formato dalla cute, dallo strato sottocutaneo che accoglie nel suo spessore un consistente strato muscolare e dal periostio dell’osso
frontale.
La cute, molto spessa, è ricca di ghiandole sebacee e di grosse ghiandole sudoripare. Sulla faccia profonda della cute prendono inserzione fascetti del muscolo
corrugatore del sopracciglio.
Lo strato sottocutaneo è lasso e povero di grasso.
Lo strato muscolare è costituito dalle fibre striate di 3 muscoli pellicciai che procedendo dalla superficie in profondità sono il muscolo
orbicolare dell’occhio, il muscolo frontale e il muscolo corrugatore del sopracciglio. Uno strato connettivale ricco di
tessuto adiposo separa il piano muscolare dal periostio che si presenta spesso e molto aderente all’osso frontale.
Aggrottate o distese, depilate o a "zerbino"… qualunque sia la loro forma, le sopracciglia (nella foto sopra al microscopio) hanno un compito importantissimo: impediscono al sudore e alla polvere di entrare negli occhi. Le dimensioni di questa barriera naturale variano da persona a persona, è stato calcolato che durante la sua vita, ogni pelo sopraccigliare si allunga in media di 0,16 millimetri al giorno.
Le ciglia sono delle formazioni pilifere, brevi, rigide impiantate su una sola o su diverse file lungo il margine anteriore delle palpebre. Proteggono gli occhi dalle impurità e, essendo sensibili al tocco, agiscono come sistema preventivo in funzione di avvertimento quando un oggetto (ad esempio un insetto o la polvere) si avvicina all'occhio, che si chiude per riflesso. Nell'embrione le ciglia si sviluppano fra la settima e l'ottava settimana. Analogamente, la ricrescita avviene in sette o otto settimane. Il colore può essere diverso da quello dei capelli, ma tendono a essere scure nelle persone che hanno capelli scuri e chiare in quelle che hanno capelli chiari.
Inoltre si apprezano variazioni individuali di forma, grandezza e lunghezza; nelle donne in genere sono più sviluppate tanto che sono considerate un segno di femminilità in molte culture. Di conseguenza, alcune persone cercano di estendere le proprie ciglia artificialmente con estensioni per apparire più attraenti. Sono diversi i cosmetici utilizzati per assolvere a questa funzione.
Hanno una radice collocata in un follicolo posto fra lo strato muscolare ed il tarso. Il follicolo è provvisto di due ghiandole sebacee che terminano nella zona di
passaggio tra l'epidermide del follicolo e la cute palpebrale, non è fornito del muscolo erettore. Tra le ciglia sono poste le ghiandole sudoripare di Moll il cui dotto escretore
termina al livello del follicolo delle ciglia.
Ci sono diverse malattie che riguardano le ciglia:
Al microscopio
Le ciglia sono costituite da epitelio cilindrico semplice. Nella porzione apicale delle cellule sono presenti ciglia. Nella foto di lato è ben visibile la linea dei blefaroplasti o corpi basali, organuli di struttura simile a quella del centriolo dell'apparato mitotico, localizzati nel punto in cui il ciglio si inserisce nel citoplasma. Assumono una colorazione tipica (ematossilina ferrica).
Definizione
Rappresenta la prima barriera protettiva: la palpebra è una formazione cutaneo-membranosa, che ricopre l'occhio e svolge un'importante funzione di protezione, contribuendo alla distribuzione del liquido lacrimale. Permette inoltre di proteggere l'occhio dalla luce eccessiva e, soprattutto, dalla polvere. Sono costituite da una palpebra superiore (più grande) e una inferiore, entrambe provviste di ghiandole lacrimali e ciglia; quindi sono due pieghe della pelle, di complicata struttura, le quali, partendo rispettivamente dal contorno superiore e da quello inferiore dell'apertura dell'orbita, e dirigendosi l'una verso l'altra, si applicano o si modellano sulla faccia anteriore del globo oculare, delimitando con i loro margini liberi una fenditura trasversale, la rima palpebrale, la cui forma ed ampiezza varia di continuo e che si chiude quando i margini palpebrali si pongono a contatto. Attraverso questa fenditura si affaccia una parte più o meno estesa del segmento anteriore dell'occhio, per il quale rappresentano un apparato di protezione.
Strutturalmente sono costituite da un'impalcatura muscolotendinea esternamente ricoperta dalla cute e internamente (a contatto con l'occhio)
dalla congiuntiva. Possono essere colpite da patologie derivanti da fattori infiammatori (blefariti, orzaioli e congiuntiviti), lesioni varie (ptosi, ectropion,
simblefaron, entropion) o da neoplasie, calazio, eczemi.
Descrizione
La palpebra superiore è molto più estesa e mobile di quella inferiore; la grossezza è di circa 3 mm al margine libero ed aumenta gradatamente, fino a raddoppiare o più, al margine orbitario.
La faccia anteriore delle palpebre, formata dalla pelle, presenta, dopo l'età giovanile, sottili rughe trasversali che si moltiplicano e si fanno più distinte con gli anni. La faccia
posteriore delle palpebre è tappezzata dalla tonaca congiuntivale, sottile, trasparente e rosea. Attraverso di questa si vedono le ghiandole tarsali (di Meibomio), di colorito
gialliccio, disposte verticalmente ed allineate in serie. E' separata dal globo oculare mediante il sacco congiuntivale, in forma di sottile fessura. La commessura laterale è segnata sulla
superficie cutanea da una leggera depressione lineare, diretta obliquamente in basso ed in fuori. Vi convergono pieghe cutanee, specialmente sviluppate nel vecchio, che costituiscono la
cosiddetta zampa d'oca. Nella commessura mediale, la pelle è sollevata in un piccolo rilievo trasversale, determinato dal ligamento palpebrale mediale, che si mette in evidenza e può essere ben
apprezzato col tatto, quando si stirino le palpebre verso l'esterno.
I margini liberi delle due palpebre, opposti l'uno all'altro e che intercettano la rima palpebrale, sono ricoperti dalla pelle della faccia anteriore delle palpebre. Vi si distinguono due
porzioni: una principale, laterale, la parte ciliare o bulbare ed un'altra molto breve, mediale, la parte lacrimale. Il limite fra le due parti è segnato da una piccola sporgenza, la papilla
lacrimale, sul cui apice si trova l'orifizio puntiforme del condotto lacrimale.
La parte ciliare o bulbare dei margini palpebrali dà impianto alle ciglia e sta in diretto rapporto col bulbo oculare. Rappresenta i sette ottavi di tutta la lunghezza del margine. Le
ciglia sono peli lunghi e rigidi, più numerosi, grossi e fitti nella palpebra superiore, dove hanno una lunghezza di 8-12 mm, contro i 6-8 mm di quelli della palpebra inferiore. Ai follicoli
delle ciglia sono annesse ghiandole sebacee, e talvolta vi sboccano anche ghiandole ciliari (di Moll). Le ciglia concorrono, con le palpebre, alla protezione degli occhi.
La parte lacrimale dei margini palpebrali contiene il corrispondente condotto lacrimale. Manca di ciglia ed è coperta da una lanugine appena visibile.
L'angolo mediale è costituito dall'incontro dei margini lacrimali delle due palpebre. Lo spazio semiellittico che vi corrisponde prende il nome di lago lacrimale, nel fondo del quale compaiono la
caruncola lacrimale e la piega lacrimale della congiuntiva.
Struttura
Le palpebre risultano di diversi strati sovrapposti, che dalla faccia anteriore alla posteriore sono: la pelle, il connettivo sottocutaneo col muscolo orbicolare dell'occhio, lo strato
fibroso, uno strato muscolare a cellule lisce rappresentato dai muscoli tarsali superiore ed inferiore e la congiuntiva.
Il connettivo sottocutaneo delle palpebre è molto lasso e si lascia facilmente infiltrare e distendere dai liquidi e dall'aria in vari stati patologici. Comprende in sé la parte palpebrale
del muscolo orbicolare dell'occhio, separandolo dallo strato fibroso. La parte palpebrale del muscolo orbicolare dell'occhio è separata dalla parte ciliare, muscolo ciliare, dai follicoli delle
ciglia e dalle ghiandole ciliari di Moll. Il muscolo ciliare aderisce ai tarsi e per la maggior parte si dispone anteriormente alla parte corrispondente delle ghiandole tarsali di Meibomio.
Contraendosi, serve specialmente ad applicare sul bulbo oculare il lembo posteriore del margine libero delle palpebre e a comprimere la parte corrispondente dei dotti escretori delle ghiandole
tarsali, favorendo l'uscita del secreto.
Lo strato fibroso, che forma lo scheletro delle palpebre, comprende una parte periferica, il setto orbitale, ed una parte centrale, rappresentata dai tarsi, che fa seguito alla precedente e
raggiunge il margine libero delle palpebre. Il setto orbitale è una membrana fibrosa che si stacca dal contorno osseo dell'orbita, confondendosi con il periostio, e raggiunge il margine orbitario
del corrispondente tarso, fondendosi intimamente con la sua faccia anteriore. Forma, nel suo insieme, come un diaframma interposto fra il contenuto dell'orbita e gli strati superficiali delle
palpebre. Medialmente prende inserzione sulla cresta lacrimale posteriore, dietro al sacco lacrimale ed alla parte lacrimale del muscolo orbicolare dell'occhio, che quindi rimangono al di fuori
dell'orbita. Prima di unirsi ai tarsi, si unisce intimamente alle espansioni tendinee del muscolo elevatore della palpebra, ai tendini orbitari del muscolo retto superiore ed al setto dei tendini
orbitari dei muscoli retto e obliquo inferiore. I tarsi sono due lamine fibro-elastiche, grosse, dense e resistenti, che fanno seguito al setto orbitale. Occupano quella parte delle palpebre che
si modella sul globo oculare e che da essi prende il nome di parte tarsale e raggiungono il margine libero delle palpebre. Le estremità laterali dei tarsi, piuttosto acute, si uniscono per
formare un nastrino fibroso sottile e resistente, il rafe palpebrale laterale, che si inserisce sul contorno laterale dell'orbita. Le estremità mediali dei tarsi, più ottuse, si continuano
ciascuna in un cordoncino fibroso e, convergendo, danno origine al ligamento palpebrale mediale, piatto e largo, che si attacca alla cresta lacrimale anteriore e fa da tendine al muscolo
orbicolare dell'occhio.
Lo strato muscolare a cellule lisce si trova sulla faccia profonda del setto orbitale, applicato sulla congiuntiva, ed è rappresentato da due lamine, i cosiddetti muscoli tarsali
superiore ed inferiore, di Muller. Con il loro grado di contrazione tonica viene regolata l'ampiezza della rima palpebrale. Come il muscolo dilatatore della pupilla, i muscoli tarsali sono
innervati da fibre simpatiche provenienti dal ganglio cervicale superiore.
Tra la pelle e la congiuntiva, la regione del margine libero delle palpebre è formata da tessuto connettivo denso, ricco di fibre elastiche, ed è caratterizzata dai follicoli delle ciglia
(che si approfondano molto, potendo raggiungere i tarsi), con le annesse ghiandole sebacee e dalle ghiandole ciliari di Moll (ghiandole sudoripare arrestatesi durante lo sviluppo); vi penetrano
con la parte prossima al loro orifizio le ghiandole tarsiali di Meibomio, che per la maggior parte della loro lunghezza sono contenute nei tarsi; vi decorre, infine, il muscolo ciliare (di
Riolano). Le ghiandole tarsiali di Meibomio hanno forma allungata e sono poste parallelamente le une alle altre, per lo più in una fila semplice, perpendicolarmente al margine libero delle
palpebre; nella parte media dei tarsi sono decisamente verticali. Si scorgono per trasparenza, attraverso la congiuntiva, nelle palpebre rovesciate ed appaiono di colorito giallastro per il loro
contenuto in sostanze grasse. Il loro secreto, sebo palpebrale, è una poltiglia con goccioline di grasso, alla formazione del quale concorrono in piccola parte anche le ghiandole sebacee annesse
ai follicoli delle ciglia.
Il muscolo elevatore della palpebra superiore ha forma di triangolo molto allungato, con l'apice nel fondo dell'orbita e la base nella palpebra superiore. Nasce con un corto tendine dal contorno superiore del forame ottico e dalla guaina durale del nervo ottico, immediatamente al di sopra dell'anello tendineo comune, al quale è unito. Decorre, per la maggior parte della sua lunghezza, nell'orbita, immediatamente al di sotto della volta orbitaria, sovrapposto al muscolo retto superiore, che sporge al di fuori di esso col suo margine laterale. Arrivato all'altezza dell'equatore del bulbo, scende ad arco in avanti verso la palpebra, dove cessa il corpo muscolare, seguito da una larga membrana, che rappresenta il tendine terminale del muscolo. Si unisce intimamente col setto orbitale, dove si risolve in due lamine secondarie, posteriore ed anteriore. La lamina posteriore è più robusta e contiene cellule muscolari lisce che formano il muscolo tarsale superiore; scorre davanti alla congiuntiva palpebrale e, espandendosi a ventaglio, si fissa su tutto il margine superiore del tarso superiore. La lamina anteriore, attraversando il setto orbitale, passa davanti al tarso sulla faccia posteriore del muscolo orbicolare e si risolve in fascetti divergenti, isolati, che attraversano l'orbicolo per perdersi nella faccia profonda della cute. E' innervato dal nervo oculomotore. Contraendosi, tira in alto ed in dietro la palpebra superiore.
La palpebra superiore riceve sangue principalmente dall’arteria palpebrale mediale superiore (ramo dell’oftalmica) e dall’arteria palpebrale laterale
superiore (proveniente dalla lacrimale); analogamente, la palpebra inferiore è irrorata principalmente dall’arteria palpebrale mediale inferiore (ramo
dell’oftalmica) e dall’arteria palpebrale laterale inferiore(proveniente dalla lacrimale). In ogni palpebra le due arterie palpebrali (mediale e laterale) decorrono dal
davanti del tarso, in vicinanza del margine libero, e si anastomizzano fra loro formando l’arco tarsale.
Le vene formano due reti: una rete sottocutanea che viene drenata dalle vene temporale superficiale, faciali e oftalmiche; una rete profonda che nelle due palpebre è tributaria,
rispettivamente, della vena oftalmica superiore e inferiore.
I vasi linfatici formano, oltre a una rete superficiale accolta nel sottocutaneo, due reti profonde, situate al davanti e al di dietro del tarso. In corrispondenza del margine libero, le
tre reti si riuniscono in una fittissima rete marginale. I collettori che drenano la parte mediale delle due palpebre vanno ai linfonodi sottomandibolari, quelli per le parti laterali terminano
ai linfonodi parotidei e preauricolari.
I nervi motori destinati al muscolo orbicolare dell’occhio sono rami del nervo faciale e penetrano nelle palpebre dalla metà laterale del loro margine
aderente; quelli destinati al muscolo elevatore della palpebra superiore provengono invece dal ramo superiore del nervo oculomotore. I nervi sensitivi per la palpebra superiore derivano
dall’oftalmico, quelli per la palpebra inferiore dal nervo mascellare.
Capsula di Tenone
La fascia del bulbo, o capsula di Tenone, (figura a lato) è una formazione connettivale e lamellare, che nella sua parte principale ha forma di sfera cava e nella quale è
contenuto e si muove il bulbo oculare. E' applicata all'emisfero posteriore del bulbo, e lo separa dal corpo adiposo dell'orbita; si prolunga in avanti, dietro al fornice congiuntivale, fin
presso al margine della cornea. Si connette, per mezzo di un suo prolungamento imbutiforme, al contorno dell'orbita e contrae speciali rapporti con i muscoli oculari. Si ritiene che si sia
differenziata come una dipendenza dell'apparato muscolare.
La parte posteriore della fascia, che sta in più diretto rapporto col bulbo, ed alla quale più propriamente si adatta il nome di capsula del bulbo, si presenta nella sua parte centrale, attorno
al nervo ottico, assai sottile, cosicché vista dall'avanti lascia trasparire il corpo adiposo; dà passaggio al nervo ottico, e si riflette sulla superficie di questo, coprendone la guaina durale,
in forma di membranella sottile e poco distinta.
Di dietro in avanti, modellandosi sulla sclera, la capsula aumenta di grossezza, raggiungendo un massimo circa a livello dell'equatore del bulbo. A questa parte posteriore della capsula fa
direttamente seguito la parte anteriore, piuttosto sottile e traslucida che, insinuandosi sotto la congiuntiva bulbare, finisce per confondersi con la tonaca propria di questa, e termina sul
contorno della cornea.
La capsula sta a contatto, esternamente e posteriormente, col corpo adiposo dell'orbita, fra i cui lobuli manda tenue propaggini; anteriormente, si pone prima sotto il fornice congiuntivale, poi
sotto la congiuntiva. Con la sua superficie interna prende rapporto con la sclerotica e, per la maggior parte della sua estensione, non vi aderisce che lassamente, rimanendo fra le due membrane
una fessura attraversata da trabecole connettivali, lo spazio intrafasciale, considerato come una fessura linfatica. Nella zona anteriore, sottocongiuntivale, invece, la capsula si applica
direttamente alla sclera e vi aderisce, tanto che qui lo spazio intrafasciale non è più presente. Una forte aderenza fra capsula e sclerotica si osserva anche sul contorno del nervo ottico.
Rapporti con i muscoli oculari.
I muscoli oculari (muscoli estrinseci dell'occhio) decorrono per la maggior parte della loro lunghezza nella loggia posta posteriormente alla
porzione capsulare della fascia del bulbo, immersi nel corpo adiposo ed attraversano la capsula con i loro tendini, circa a livello dell'equatore dell'occhio, per raggiungere la sclerotica, sulla
quale si inseriscono.
A livello della fessura dove i muscoli attraversano la capsula, questa si prolunga sui muscoli stessi in direzione prossimale; essa forma una guaina muscolare completa, più sviluppata in avanti,
più sottile e trasparente in dietro. Le guaine dei diversi muscoli sono collegate da una lamella connettivale sottilissima. La capsula forma una guaina simile anche per il muscolo elevatore della
palpebra superiore, che pure la attraversa per portarsi verso la sua terminazione.
La capsula del bulbo manda una sua estensione, a forma di imbuto, che raggiunge il contorno dell'orbita, passando dietro le palpebre, e si fissa al periostio. Questo imbuto connettivale ha una
grossezza non uniforme, essendo a punti molto sottile ed a punti grosso e resistente. Gli ingrossamenti sono dovuti a fasci di rinforzo per mezzo dei quali i muscoli oculari acquistano una
inserzione secondaria sul contorno dell'orbita, noti come tendini orbitari o di arresto.
Il muscolo retto superiore, in particolare, possiede due tendini orbitari che nascono dai margini mediale e laterale della sua guaina e vanno ad inserirsi agli angoli superiori, mediale e
laterale, dell'orbita. Essi inviano numerose fibre al tarso (setto fibroso delle palpebre) ed al fornice congiuntivale, e si confondono in parte con le espansioni collaterali che il tendine del
muscolo elevatore della palpebra superiore manda agli angoli dell'orbita.
Questi rapporti fanno comprendere come esista una certa solidarietà funzionale fra il muscolo retto superiore e l'elevatore della palpebra alla quale contribuisce, appunto, l'unione fra le guaine
dei due muscoli. Infatti, quando il muscolo retto superiore si contrae, facendo ruotare il bulbo verso l'alto, la palpebra superiore viene sollevata. Il tendine orbitario del muscolo retto
inferiore, portandosi in avanti e superato il muscolo obliquo inferiore, si inserisce un po' al di sotto del margine orbitario; esso invia numerose fibre al fornice congiuntivale ed al tarso
inferiore e ciò spiega come questo muscolo, oltre a far ruotare in basso il bulbo, abbassi anche la palpebra inferiore.
Grande è l'importanza funzionale delle connessioni che esistono tra le guaine muscolari ed i muscoli oculari prima del passaggio dei loro tendini attraverso la capsula, e quella dei tendini
orbitari, che dalle fasce muscolari vanno al margine orbitario. La contrazione di un muscolo, infatti, non esercita effetti spiegabili solo in base alla sue inserzioni sull'orbita e sul globo
oculare, in quanto essi dipendono anche dalla tensione del suo tendine orbitario che, se reciso, consente all'occhio una mobilità molto superiore di quella normalmente possibile (da qui il nome
di tendine di arresto). La tensione dei tendini orbitari impedisce che la forza esercitata da un muscolo contratto si applichi con troppa energia all'equatore dell'occhio, deformandolo, ed
impedisce l'eccessivo accorciamento del muscolo stesso, mantenendolo obbligato verso il margine orbitario.